Quante volte siamo sopraffatti dall’ansia di sbagliare, dalla paura di non essere all’altezza, di non sentirci adeguati alla situazione. Quante volte per il timore di dire qualcosa di stupido o di banale, non apriamo bocca. In quante situazioni vorremmo dire la nostra e poi ci tratteniamo per paura di essere giudicati, ingoiandoci le nostre opinioni o le battute che vorremmo fare ma che ci sembrano sempre così poco divertenti.
Tutto questo nasce da un senso di inadeguatezza che tutti noi, chi più chi meno, ci portiamo dietro. Quella convinzione che si è impressa nella nostra mente e sulla nostra pelle come un timbro indelebile e che viene da esperienze lontane. Questo senso di inadeguatezza si è appoggiato su giudizi approssimativi che ci sono stati dati, da paragoni fatti con altri fratelli o figli di amici, da situazioni in cui realmente da bambini (o da adulti) non siamo stati adeguati alla situazione. Di questa esperienza negativa ne abbiamo fatto una calda anche se pesante coperta che ci avvolge le spalle e ci nasconde alla vista degli altri.
Una coperta che da un lato ci protegge dal fantomatico rischio di sbagliare ancora (come se sbagliare portasse a conseguenze sempre tragiche o irrimediabili) ma dall’altro ci fa vivere una vita in ombra, in un angolo dal quale possiamo osservare le cose senza entraci troppo, facendoci perdere anche quella vitalità e quell’adrenalina che si attiva quando corriamo un piccolo rischio.
Perché il teatro e in particolare la tecnica dell’improvvisazione, ci aiuta a togliere pian piano questa pensante coperta dalle spalle?
Improvvisare significa innanzi tutto stare nel qui ed ora, essere sempre e costantemente in relazione con noi stessi, con il nostro compagno di scena, con l’ambiente e con ogni stimolo esterno o interno.
In pochi secondi si deve rispondere ad una proposta o ad un input e non abbiamo molto tempo per pensare.
Cosa presuppone questa riduzione del tempo per pensare? Che dobbiamo lasciar andare necessariamente le paure legate al passato, dobbiamo lasciar andare il giudizio interno (che proiettiamo sugli altri), ma soprattutto dobbiamo lasciar andare la convinzione che si debba dire e fare sempre la cosa migliore, la cosa più intelligente, quella che deve stupire tutti!!!
Perché spesso non ne siamo consapevoli, ma dietro la paura di non essere all’altezza c’è sempre un’idealizzazione di perfezione. “Devo dire o fare sempre la cosa giusta!” Possiamo immaginare quanto sia facile bloccarci se l’imperativo categorico interno è sempre questo!
Come se per una parte di noi permettersi di sbagliare o di non essere perfetti significasse correre un rischio enorme. Il rischio di non essere accettato, il rischio di essere giudicato o abbandonato.
Pur sapendo, a livello razionale, che questa convinzione non è basta su un dato reale, le nostre parti interne, quelle che sono ostaggio delle paure, credono fermamente che sbagliare sia terribilmente grave.
Questo è quello che spesso ci blocca nella vita. Nel prendere decisioni, nel fare delle scelte o nell’esprimersi in un gruppo: la convinzione che quello che si sceglie di fare o quello che si sceglie di dire debba sempre essere originale, apprezzato da tutti, senza sbavature e soprattutto estremamente intelligente!
Tutto il pensiero giudicante di cui siamo di solito carichi serve solo a staccarci da un piano di realtà ed a metterci in una posizione lontana, autistica, in cui si cerca la cosa migliore mentre la vita va avanti e noi siamo sempre più lontani da un presente e quindi dal qui ed ora.
Stare sulla scena ed improvvisare permette di bloccare tutto questo processo. Non c’è tempo, non c’è modo perché tutto deve fluire e non c’è una cosa giusta ma solo quello che ci viene istintivamente, solo quello che stando attenti al contesto e alle proposte dei compagni arriva spontaneamente.
Quello che scopriamo e che alleniamo nell’improvvisazione è che non c’è mai un errore perché tutto, qualunque cosa, può sempre essere rimessa in gioco, gli si può sempre dare un senso. L’errore diventa una grande occasione perché ci porta fuori da ciò che avevamo previsto e sulla scena siamo costretti a trovare creativamente un senso anche a quello che sembrava non averlo. L’errore diventa un altro perno su cui la scena si poggia. Non possiamo far finta di nulla ma dobbiamo attivare immediatamente tutta la nostra presenza per dare nuova vita lì dove sembrava la fine!
Nel gioco dell’improvvisazione siamo sempre in relazione con i compagni, la responsabilità non è tutta sulle nostre spalle è sempre una co-costruzione. Questo presuppone anche imparare a fidarsi dell’Altro oltre che di noi stessi.
Improvvisando dobbiamo necessariamente allenarci ad annullare un pensiero disfunzionale che ci blocca e ci estranea dalla realtà, per entrare in contatto con un presente attivo e stimolante. Se ci alleniamo a stare in contatto con ciò che accade fuori, se non ci diamo il tempo di farci ingombrare la testa da pensieri sterili e pensati come ad esempio “devo dire la cosa giusta”, ci accorgiamo, anche con grande stupore, che le cose arrivano fluide, che le nostre stesse idee ci sorprendono piacevolmente e che anche la cosa più banale, se contestualizzata e coerente, è esattamente ciò che ci vuole per far girare bene una scena e sicuramente per far girare un po’ meglio anche la vita!