“ La vita non è una domanda che aspetta una risposta, ma un’esperienza che aspetta di essere vissuta”.
Come ci ricorda Kirkegaard in questa frase, non è tanto importante cercare il perché degli eventi, ma cosa ne facciamo di essi, ovvero in che misura la percezione che ne abbiamo ci porta a muoverci nel mondo in un modo piuttosto che in un altro.
Per citare Serge Ginger, psicologo gestaltista, “L’importante non è tanto ciò che è stato fatto di me, ma ciò che io faccio di ciò che è stato fatto di me!”
Questa mi sembra una buona introduzione per parlare di Psicoterapia della Gestalt e di alcuni dei suoi concetti chiave.
Partiamo dall’origine del termine, piuttosto ostico e sconosciuto ai più: la parola tedesca “Gestalten” significa letteralmente “mettere in forma”, “ dare una struttura che abbia senso” ; per Gestalt si intende appunto il prodotto che deriva da tale movimento, ovvero una “forma dotata di senso”.
Ognuno di noi crea costantemente delle Gestalt, ovvero diamo forma e senso alle nostre percezioni, intrecciandole alle nostre esperienze passate. Siamo continuamente colpiti da stimoli che vengono riconosciuti e riorganizzati in modo da rispondere al nostro bisogno di costruire senso. Nell’approccio Gestaltico il tutto è sempre ed inevitabilmente differente dalla semplice somma delle parti. La Gestalt, intesa come costruzione percettiva, non è un insieme di elementi messi casualmente in relazione, ma è qualcosa di più, è qualcosa che ha un senso specifico ed assoluto in quella determinata organizzazione.
Nella Psicoterapia della Gestalt si parte dal presupposto che anche l’individuo sia qualcosa di più della semplice somma delle sue diverse parti. Non ci si focalizza sul problema in sé (sintomo) ma sulla persona nella sua interezza, in un approccio olistico, dove Olos dal greco sta per “Intero”.
Ne deriva che nel lavoro terapeutico ad orientamento Gestaltico non è sufficiente focalizzarsi su un particolare comportamento ma è essenziale avere una visione olistica che integri il comportamento stesso all’interno di una percezione più allargata, affinché possa essere osservato e analizzato come parte di un sistema più ampio.
Quando una Gestalt non si chiude, abbiamo il disagio e la nevrosi. Una Gestalt si dice inconclusa quando sulla base di una percezione antica, continuiamo in modo “nevrotico”a proporre lo stesso comportamento sclerotizzato, dando luogo ad una fissazione, un blocco che non ci consente di essere realmente in contatto con noi stessi e con le nostre emozioni, non permettendoci quindi di riorganizzarci in un movimento fluido e coerente al sentire nel qui ed ora.
Il disagio in Gestalt dunque è letto come un “adattamento creativo” sviluppatosi in risposta ad un pericolo percepito nel passato; un adattamento che rimane però fisso nel tempo diventando del tutto inefficacie e paralizzante allo stato attuale.
Gran parte del lavoro terapeutico in Gestalt ha come obiettivo quello di porre l’attenzione sul funzionamento del proprio sistema percettivo, al fine di poter essere consapevole di ” come vedo e percepisco il mondo“. Il passo successivo è acquisire la consapevolezza di come questa percezione del mondo abbia creato un blocco in una posizione dolorosa dalla quale si fatica ad uscire. Dopo tale consapevolezza di focalizza l’attenzione sul “sentire” in questa posizione. Continuando con il ciclo del contatto, dopo il lavoro sulla consapevolezza del proprio campo percettivo, dopo aver visto il comportamento in cui si è incastrati , dopo aver focalizzato l’emozione nel “qui ed ora”, si passa alla parte finale del ciclo del contatto, ovvero si riporta l’individuo alla propria responsabilità rispetto al cambiamento desiderato. Il lavoro finale quindi è un passaggio dal sostegno all’auto-sostegno, ovvero la transizione del cliente da una posizione di passività nei confronti delle circostanze dolorose ad una posizione di attività e di potere personale.
Il lavoro del terapeuta è quello di facilitare il cliente a raggiungere il cambiamento che desidera fare, attraverso un lavoro di consapevolezza affiancato costantemente ad un lavoro esperienziale nel “ qui ed ora” che porta il cliente, di volta in volta, ad affinare la sua capacità di essere in contatto con il proprio “sentire” che possa a sua volta orientare il suo “agire”.
In tutto il lavoro il focus non è il “perché” le cose accadono ma il “come” le percepiamo; la consapevolezza del come viviamo ciò che ci accade porta in modo più fluido e spontaneo alla possibilità di compiere un cambiamento genuino e responsabile.
La relazione terapeutica rappresenta “il luogo protetto” in cui il cliente può osservare alcuni aspetti della propria personalità e integrarli attraverso l’esperienza diretta che lo stesso terapeuta facilita all’interno di ogni seduta.
“Se per vivere adesso devo aspettare di non essere più nevrotico, non mi basterebbero dieci vite”
Memo Borja, Gestaltista messicano
Gabriella Tambone
Bibliografia di riferimento
Serge Ginger e Anne Ginger “La Gestalt, la terapia del con-tatto emotivo”, Mediterranee Edizioni
Perls, Hefferline, Goodman, “Teoria e pratica della Terapia della Gestalt. Eccitamento e accrescimento nella personalità umana”, Astrolabio Edizioni
Ginger “Iniziazione alla Gestalt, l’arte del contatto”, Mediterranee Edizioni
Perls “La terapia Gestaltica parola per parola”, Astrolabio Edizioni
C.Naranjo “Per una Gestalt viva”, Astrolabio Edizioni
Wheeler“Cos’è la terapia Gestaltica”, Astrolabio Edizioni
Houston “Psicoterapia della Gestalt” , Edizioni Red.
M & R. Goulding, Terapia ridecisionale, Astrolabio Edizioni
Rogers “Potere personale” Astrolabio Edizioni